Note critiche in libertà:
“L’Essenza Materica”
Salve a tutti!
Di ritorno dopo una breve pausa per le festività pasquali riprendo a scrivere sul mondo della ceramica italiana e in particolare su quella abruzzese. Per il Laboratorio Liberati la primavera è particolarmente sfavillante, il Maestro ceramista Giuseppe Liberati è stato e sarà protagonista di Mostre ed Eventi in giro per l’Abruzzo e non solo. Con l’occasione vi anticipo l’invito al prossimo appuntamento con l’arte, ovvero la Mostra collettiva “Quattro Maestri nelle arti visive” dove verranno esposte le opere d’arte di Amilcare Di Paolo (pittura), Daniele Guerrieri (scultura), Giuseppe Liberati (ceramica contemporanea), Lucio Monaco (Pop art) a cura della Critica d’Arte Valeria Fatato e del Direttore Artistico Leonardo Paglialonga. L’evento è patrocinato dal Comune di Francavilla al Mare, dall’Associazione Artisti Abruzzesi “Lejo” e dall’Associazione “L’Incontro degli artisti”.
L’inaugurazione della mostra d’arte è prevista per domenica 23 aprile 2017 alle ore 17,00 presso il MuMi (Museo Michetti) di Francavilla al Mare (Ch) – Abruzzo, Italia. Per maggiori informazioni potete visitare la pagina ufficiale dell’evento Quattro Maestri nelle arti visive.
Tornando a noi, volevo parlarvi ancora un pò della Mostra d’arte “L’Essenza Materica”, che si è conclusa domenica 16 aprile 2017 ad Ortona presso il Palazzo Farnese, dove il Maestro Giuseppe Liberati ha esposto le sue opere d’arte in ceramica moderna e contemporanea. Il Maestro ceramista mi ha personalmente incaricato di ringraziare tutti per la partecipazione e per gli apprezzamenti che sono arrivati e continuano ad arrivare da quelli che hanno avuto il piacere di visitare la Mostra. Tra questi ho deciso di pubblicare la bellissima lettera scritta dalla Professoressa e Critica d’arte Maria Augusta Baitello, figlia d’arte del noto artista Baitello Giorgio (pittore e ceramista 1908-1995).
“Lettera ad un Maestro”
(A Giuseppe Liberati, mirabile artista della scultura in ceramica)
Caro Giuseppe,
mi piacerebbe essere lì, quando tu, inebriato dal profumo e dalla visione della natura che si sveglia, avverti l’impulso di plasmare l’argilla assecondando le tue emozioni. Anche l’ argilla è natura, perchè terra, perché anch’essa creata dal demiurgo per eccellenza. L’arte, in fondo, ha avuto inizio proprio con quella stessa terra, manipolata millenni fa da mani ricolme di volontà fattiva. E tu, come erede di tale manualità ancestrale, porti nel tuo fare, certo e geniale, quell’ atto antico che ricongiunge il tempo ma che quel tempo rende, ogni volta, nuovo e irripetibile. Per il tuo estro innato, suadente e superbo nella maestria della conoscenza, è inevitabile seguire il flusso emozionale che un tramonto, un’alba, la corolla di un fiore o le radici di un albero, ti trasmettono. Tutto ciò è un processo incessante che alimenta quotidianamente la tua volontà creativa e al quale non puoi rinunciare; è un flusso di energia che riverbera l’ amore per quell’ universo a cui senti di appartenere e che con gratitudine interpreti rielaborando le sue forme, rivisitando le sue forze primigenie, rileggendo i suoi colori e le sue luci.
La tua, caro Giuseppe, è un’arte robusta ma anche sensibile, nella quale metti in gioco tutta la tua fantasia, tutto il tuo senso ludico e la speranza. Si, la speranza, perché pur nello scarto drammatico che nella natura esiste, tu sai trovare l’anelito salvifico: la tua opera diviene un atto catartico che trasforma il grido in canto, le tenebre in luce. Anche quando nelle tue sculture esiste un forte contrasto chiaroscurale o la tensione di forme in movimento, queste ci danno, comunque, un senso di positività, la certezza di una capacità razionale e imperturbabile in grado di dominare e riconciliare ogni forza ostile e oppositiva.
In questi tuoi, ultimi e magnifici pezzi, tutto ciò si riconferma, anzi, si acuisce secondo modalità ancor più vissute e originali e lasciando, ancora una volta, i nostri occhi stupiti. In tali ultime sculture si rinnova, così, l’alchimia della terra che si colora, che si suddivide in spessori, si apre in voragini o in traiettorie vitalistiche accese da riflessi superbi e dove si rende visibile tutta l’ eloquenza della tua mano.
E ancora lì, dove il blu intenso si espande attraverso la fluidità del segno, il gesto si fa poesia, una poesia intesa come capacità sensibile di percepire la bellezza del creato o capacità di intuire la potenza della creazione quando, su fondali rossi e infuocati, i lustri si contendono la superficie con la porosità o l’accumulo di materia inesplosa.
Grazie, carissimo Giuseppe, per darci la possibilità di essere circondati dalla verità e dalla bellezza dell’arte ma soprattutto grazie per continuare a darci l’ incanto del tuo sguardo che è lo sguardo della tua anima che contempla l’ universo.
Con immensa stima e profonda amicizia,
Maria Augusta Baitello
Pescara lì, 3 Aprile 2017
Un particolare ringraziamento, inoltre, al Critico d’Arte Bruno Paglialonga che ha presentato la Mostra “L’Essenza Materica”, in occasione dell’inaugurazione, con un intervento emozionante:
Trascrizione dell’intervento fatto il 2 aprile 2017, presso il Palazzo Farnese di Ortona, nella presentazione della Mostra personale “L’essenza materica” di ceramiche artistiche realizzate dal Maestro Giuseppe Liberati (2 – 16 aprile 2017).
Un saluto a tutti gli intervenuti. Saluto il Maestro Giuseppe Liberati, che noi festeggiamo quale eccelso autore delle ceramiche artistiche che tra breve andremo ad ammirare nelle Sale di questo storico Palazzo Farnese di Ortona, o meglio della duchessa Margarita d’Austria. Nel percorrere il Salone d’ingresso, che introduce a questa sala preparata per presentare la mostra, ho constatato con piacere che le due grandi bacheche centrali contengono alcuni dei libri che ho scritto in passato al riguardo della duchessa Margarita d’Austria, la figlia primogenita dell’imperatore Carlo V d’Asburgo, pubblicazioni poste in bella vista quale documentazione della storia rinascimentale del Palazzo ortonese, voluto ed eretto proprio dalla Duchessa. È stata per me una sorpresa davvero gradita.
Saluto il Maestro, valente interprete della nostra attualità, di espressioni d’arte che io ritengo essere – si badi bene – ad un tempo “moderniste” e “post-moderniste”, cioè antiromantiche-antinaturalistiche e commiste di passato e di spunti innovativi.
Prima di procedere, porgo l’omaggio alla sua gentile consorte Assunta e il cenno d’amicizia ai figli Erica, Marta e Lorenzo, che rappresentano il presente ed il futuro, che auguro continui proficuo e nell’Arte.
Allievo dell’ indimenticato ceramista Maestro Luigi Bozzelli (del quale ho più che stimato, tra le tante opere, le “Astrazioni” del 1945/50 e le “Maschere” degli anni ’90, rarefatte, quasi diafane o totemiche), Giuseppe Liberati ne è l’epigono fuoriclasse (letteralmente, discente oltre il percorso scolastico, talentoso oltre l’ordinario, eccezionale).
Uomo forte, tenace, un po’ burbero benefico, talvolta appena arcigno (non erano così Cézanne, Matisse e tanti altri?). Potrei definirlo un “demiurgo”, non nel senso platonico di creatore dell’universo, di divino, bensì in quello greco di “persona libera”, “lavoratore libero” e dotato di capacità creative – artistiche, ovviamente -, di plasma
re la materia informe. E la materia sua solita (di Giuseppe) è proprio amorfa e in parte inerte: l’argilla, che ha natura “arcaica” (antica, primitiva) e utilizzo “ancestrale” (che da tempi immemorabili si eredita dai predecessori e si tramanda). Terra, acqua, aria, fuoco (i quattro elementi, nel pensiero filosofico empedocleo), che lui tratta come si deve e con perseveranza, essendone vocato, gli producono delizia, godimento quasi adolescenziale, ma anche qualche cruccio da stemperare. Maiolica, grès, porcellana; ossidi, decorazioni, metallizzazioni, cristalli, riflessi, ori, lustri, smaltature, raku, cotture: è tutta un’alchimia, che Giuseppe Liberati insegue, persegue attraverso applicazioni, manipolazioni, intuizioni e segreti processi individualizzati, che probabilmente egli non sarebbe mai disposto a rivelare, nemmeno sotto tortura.
La ceramica artistica che egli crea è frutto di ricerca incessante, di sperimentazione; ma è pur sempre il veicolo fisico di un linguaggio, la cui sintassi egli rispetta con avvedutezza, un linguaggio attraverso cui fa passare la comunicazione, il proprio messaggio. “È sempre la natura che ispira le mie creazioni”, afferma l’artista, e noi non abbiamo motivi per dubitarne.
Di fatto sta che, nel contesto della sua figurazione, altri componenti egli coinvolge, attingendoli dal fantastico, dal fantasioso, o dissimulando parti narrative o addirittura ludiche. Fonte d’ispirazione è altresì l’“imago” che abita l’interiorità, la sua viva immaginazione: è quello spiritello burlone e sfuggente che gioca ai quattro cantoni. È chiaro che dalla forma dell’interiore, quella cioè del pensiero creativo, alla superficie esteriore dell’opera ceramica raffigurata, conclusa, corrono più stadi operativi, veri e propri “stati di lavorazione”, fasi esplicite della versatilità dell’artista.
Qui si palesa, con coerenza intellettuale e onestà d’intenti, l’orientamento stilistico di Giuseppe Liberati, un orientamento di preferenza “aniconico”, oscillante tra l’astratto, con una certa strutturazione, e il neoinformale, e di conseguenza tra “caos” e “ordine-armonia”, tra tensione immaginativa, memoria e progettazione.
Il materiale definitivo diventa il luogo privilegiato, in qualche maniera portatore e custode di contenuti, di valori, di simboli talvolta semplici talaltra complessi da decodificare. Nel leggere l’opera, tuttavia, l’osservatore-fruitore è libero di cogliervi un proprio spettro di interpretazioni o di intrattenere ammissioni dialogiche di genere astratto e figurativo.
Si tratta di figurazioni che di proposito hanno sovente i contorni articolati, i confini della materia utilizzata lasciati indefiniti, strutture asimmetriche e geometrie incongrue. La gestualità-modellazione dell’artefice abruzzese avvalora tutti gli elementi poc’anzi citati, che apportano dinamismo interno a ciascuna opera, unitamente alle adatte “textures”. Quello che Giuseppe Liberati produce, dando fondo ad ogni sua energia artistica, è ceramica non ancella della scultura, né della pietra, né del marmo, e neppure del bronzo o del legno: è scultura tridimensionale “emozionale”, quale effetto di commozioni, di turbamenti dei sentimenti, che, si sa, sono innumerevoli.
La scultura va qui considerata anche come “pittura vera e propria”, praticata sul supporto ceramico usando una tavolozza di cromie di natura chimica differente, ma d’effetto visivo analogo e specifico. Si potrebbe parlare di “pittura a tecnica mista”, in considerazione delle visibilissime ed apprezzabili concrezioni materiche inglobate, dei drippings, dei craquelés. E persino di “pittura-scrittura”, per via della presenza di segni grafici che sembrerebbero dedotti da improbabili alfabeti o dell’apparenza di schegge recuperate da decorazioni chissà perché deflagrate.
Risultano di eccellente impatto visivo le opere che si mostrano generose nelle sorprendenti fenditure, nelle frantumazioni delle superfici (opache o lisce, lucide, riflessate) secondo reticoli multipli e dissimili, e colorate con maestria.
Giuseppe Liberati compone “pezzi unici”, irripetibili, mai uguali nella raffigurazione e nei risultati, mai repliche di se stesso e ancor meno copie di sé, a cui gli artisti per lo più sono tentati di ricorrere quando avvertono sopraggiungere un calo di motivazioni d’ordine vario, una caduta deprecabile della tensione creativa, dello slancio sentimentale. Niente dei risvolti negativi ora detti si riscontra osservando la sua ricca produzione, che comprende stele, pannelli uniti o no a materiali estranei (legno consunto, corde, fili d’acciaio, acciaio corten), i gioielli, i Monumenti pubblici.
Concludo dicendo che a lui siamo grati, permettendoci di godere di tanta bellezza artistica; e noi possiamo essere orgogliosi di averlo conosciuto e di riconoscerlo quale autentica e autorevole personalità di spicco della nostra contemporaneità artistica e culturale regionale, nazionale, internazionale.
Bruno Paglialonga
Per oggi dal Laboratorio Liberati è tutto, vi lascio così: “L’artista è un ricettacolo di emozioni che vengono da ogni luogo: dal cielo, dalla terra, da un pezzo di carta, da una forma di passaggio, da una tela di ragno”. (Pablo Picasso)
A presto, Mani.